Il Mito della Vacca celeste

Il Mito della Vacca celeste
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Il Mito della Vacca Celeste, inciso sulle pareti delle camere sepolcrali di illustri sovrani egizi come Sethi I, Ramesse II, Ramesse IV e sul secondo sacrario di Tutankhamon, offre un’affascinante prospettiva sulla cosmologia e la mitologia dell’antico Egitto. Non solo: è uno dei miti fondamentali da conoscere nel Kemetismo ortodosso solare perché mostrano quanto gli Dei abbiano caratteristiche umane, con i loro pregi e difetti.

Ma andiamo con ordine e parliamone in dettaglio.

L’antefatto al mito della Vacca celeste

Il Mito della Vacca Celeste, come narrato nel Papiro Cat.1982 consevato al Museo Egizio di Torino, risale al Nuovo Regno dell’antico Egitto e offre una visione intrigante sulla creazione e la struttura del cosmo, nonché sul rapporto tra i Netjerw e l’umanità.

Il racconto inizia con la ribellione dell’umanità contro Ra, il Dio solare, che, diventato anziano, si trova a dover affrontare il dissenso degli uomini. In risposta a questa ribellione, Ra consulta gli altri Dei e decide di mandare sua figlia Hathor a punire gli uomini per il loro oltraggio. Hathor, nota per la sua natura feroce e vendicativa, si prepara ad annientare gli uomini.

Tuttavia, Ra, pentito dell’ordine così terribile che ha dato, cerca un modo per placare Hathor. Decide quindi di far mescolare birra con dell’ocra rossa, creando una bevanda che assomigli al sangue. Questa bevanda viene versata sul suolo d’Egitto, e Hathor, assetata di sangue, la beve fino a ubriacarsi. In questo stato, torna a palazzo e lascia l’umanità indisturbata.

Successivamente, Ra decide di lasciare la terra per il cielo, che crea sotto forma di Vacca Celeste, una manifestazione della Netjeret Nut. Questo atto di creazione porta a una nuova organizzazione del cosmo, con la terra lasciata agli uomini senza la presenza diretta delle divinità, mentre il cielo e l’aldilà diventano distinte sfere divine. Ra assegna compiti specifici ad altre divinità, come Geb, Osiride e Thot.

La narrazione si conclude con l’introduzione dei Ba, una parte delle anime considerate manifestazioni del divino, nella natura. Questo aspetto del mito suggerisce una connessione profonda tra gli Dei e il mondo naturale.

Il Mito della Vacca Celeste ha diverse funzioni all’interno della mitologia egizia. Oltre a spiegare le origini della regalità e le gerarchie divine, fornisce anche un’interpretazione mitica del calendario e delle stagioni. Inoltre, solleva la questione del male e della sua relazione con la natura umana, senza attribuire mai il male al Dio creatore, ma piuttosto mettendo in evidenza la sua benevolenza e saggezza.

Sekhmet, una dei protagonisti del Mito della Vacca Celeste. Busto conservato all 'Istituto orientale dell'Università di Chicago (USA). Foto scattata dal KOS in loco, tutti i diritti riservati.
Sekhmet, una dei protagonisti del Mito della Vacca Celeste. Busto conservato all ‘Istituto orientale dell’Università di Chicago (USA). Foto scattata dal KOS in loco, tutti i diritti riservati.

Sekhmet, figlia di Ra, sposa di Ptah, e madre di Nefertum, è nota soprattutto per il mito riguardo alla distruzione dell’umanità, narrato nel Libro della Vacca Celeste, uno dei testi sacri di maggior rilievo per comprendere come gli egizi avessero concepito la creazione del cosmo. Questo libro è trascritto su diverse tombe di sovrani del Nuovo Regno e la sua esistenza è accertata già dal Medio Regno.

Andiamo a cominciare, che la storia inizi!

Gli uomini tramano alle spalle di Ra

In tempi antichi, prima che i Faraoni salissero al trono di Horus, il grande Netjer Ra di Eliopoli , Signore del Sole e primo creatore1, regnava sugli Dei e sugli uomini. La Sua maestà era temuta e rispettata da tutti.

Tuttavia, anche gli Dei invecchiano. Nonostante le sue ossa d’argento, la carne dorata e la chioma di lapislazzuli, Ra cominciò a sentire il peso degli anni. Gli uomini, forse spinti dalla sete di potere, ordirono un complotto contro di lui. Quando Ra comprese le loro intenzioni, ne fu rattristato. Dopotutto, aveva sempre amato gli uomini, i suoi figli, e loro gli avevano offerto sacrifici sugli altari e cantato inni in suo onore.

Deciso a stroncare la cospirazione, Ra convocò i Netjerw a Lui fedeli: Nun, Shu, Geb, Nut, Tefnut e l’Occhio di Ra. Li radunò in gran segreto, affinché gli uomini non li vedessero. Quando gli Dei si presentarono al suo cospetto, Ra chiese loro il motivo dell’assemblea.

Nun, il Netjer delle acque primordiali, domandò: “Perché ci hai riuniti qui? Cosa ti preoccupa?”

Shu, l’elemento dell’aria, aggiunse: “Qual è il tuo turbamento?”

Ra prese la parola: “Amati Dei, voi che siete nati prima del mondo, ho scoperto una notizia che mi addolora profondamente. Gli uomini tramano alle mie spalle, credendo che la mia età avanzata mi renda inadatto a governare con giustizia. La loro sete di potere li ha resi ciechi. Vi ho convocati per chiedervi consiglio su come agire. Non intendo muovermi finché non mi direte cosa fare.”

I Netjerw rimasero in silenzio, riflettendo sul regno di Ra e sulla sua prosperità. Fu Nun a rompere il silenzio: “Gli uomini sono fuggiti nel deserto, impauriti dalle mie parole.”

Ra annuì: “Allora invierò il mio Occhio, che si trasformerà in Hathor. Essa punirà coloro che cospirano contro di me e indagherà a mio nome.”

Da Hahor a Sekhmet

Accadde dunque un evento che avrebbe scosso gli Dei e segnato la storia dell’eternità. Quel giorno, Hathor, la dolce Signora dell’amore e della bellezza, si trasformò in un essere diverso, un’entità colma di collera e desiderio di vendetta.

La sua pelle, una volta morbida come petali di loto, si fece dura come granito. I suoi occhi, solitamente gentili e luminosi, si tinsero di rosso come il fuoco. Hathor, ora assetata di sangue, si mise in moto per portare a termine il compito che le era stato affidato da Ra, il Sommo Dio.

Con passo deciso, attraversò deserti e montagne, lasciando dietro di sé una scia di morte e distruzione. I nemici che osavano sfidarla venivano dilaniati dal suo furore. Le loro urla si mescolavano al vento, mentre Hathor avanzava implacabile. La sua sete di vendetta era insaziabile, e la sua voglia smisurata di uccidere non conosceva limiti.

Finalmente, dopo giorni di viaggio, Hathor tornò da Ra. Il Netjer la accolse con un misto di ammirazione e timore. “Sii benvenuta nella pace, o Hathor,” disse Ra. “Hai portato a termine il compito che ti avevo affidato e hai dimostrato la tua fedeltà. Per questo, da oggi in poi sarai chiamata Sekhmet, colei che è potente. E tutti dovranno temerti.”

Sekhmet, con gli occhi ancora ardenti di rabbia, si prostrò davanti a Ra. “Mio signore, padre mio,” disse con voce cupa. “Ti amo più di me stessa. Come tu mi hai donato la vita, così io ti ho promesso che avrei punito gli uomini. Ma non ho provato dolore nel compiere questa strage. Non ho provato pietà per gli uomini. Anzi, l’ho fatto con piacere. Il sangue degli uomini mi ha eccitata, ho provato piacere dalle mie azioni.”

Ra, turbato dalle parole di Sekhmet, non seppe cosa dire. Non desiderava la distruzione degli uomini, ma voleva solo dare loro un avvertimento. Affinché non scordassero mai chi era il loro Signore, Ra fece venire i suoi messaggeri più veloci. Essi portarono la notizia della vendetta di Sekhmet a ogni angolo del mondo, affinché nessuno dimenticasse mai il potere degli Dei e la fragilità degli uomini.

Bisogna correre ai ripari…

Così avvenne, nel tempo in cui le stelle tessono il loro eterno manto e i venti sussurrano segreti tra le dune di sabbia, che Ra, il grande Dio del sole, emanò un decreto ai suoi messaggeri. Essi, veloci come il vento, furono inviati alla città di Elefantina, dove l’ocra rossa giaceva come un tesoro nascosto.

I cavalli più prestanti furono selezionati e addestrati per attraversare deserti e montagne, raggiungendo Elefantina in un baleno. Con destrezza, i messaggeri raccolsero l’ocra richiesta da Ra e la portarono al Suo cospetto. Qui, nel sacro tempio di Menfi, il Primo Sacerdote attendeva con solennità.

“Devi schiacciare quest’ocra,” ordinò Ra al Primo Sacerdote, “fino a ridurla in polvere. Solo così potremo placare Sekhmet, la Dea assetata di sangue.”

Nel frattempo, le ancelle del tempio avevano preparato una grande quantità di orzo, lasciandolo fermentare fino a ottenere una birra profumata e gustosa. Quando tutto fu pronto, l’ocra fu mescolata con la birra, e questa assunse il colore del sangue. Settemila brocche furono riempite con cura e portate nel vasto magazzino del palazzo di Ra.

“Versate la birra dove la Netjeret desidera nutrirsi,” comandò Ra, “affinché io possa proteggere gli uomini dal suo furore.”

E così, seguendo l’ordine divino, una lunga processione di servi versò il contenuto delle brocche sui campi, sulla sabbia dorata del deserto, sugli alberi e nelle acque dei canali. Ogni cosa si tinse del colore del sangue, e un velo rosso si stese per tre palmi sopra la terra.

L’inganno di Ra per placare Sekhmet

Puntuale come l’alba, Sekhmet giunse. La sua sete di sangue era insaziabile, e l’impulso di morte che agitava il suo essere la spingeva a continuare la sua strage. Vedendo ogni cosa coperta dalla rossa bevanda, scambiò la birra per sangue. E così, la Netjeret fu ingannata, e la sua furia si placò momentaneamente, permettendo agli uomini di sopravvivere sotto lo sguardo vigile di Ra.

Così avvenne che Sekhmet, la Dea della guerra e della vendetta, fu ingannata. La bevanda, offerta come un filtro magico, scivolò tra le sue labbra con insaziabile piacere. Tuttavia, l’effetto prodotto non fu quello che avrebbe potuto immaginare.

L’ebbrezza la avvolse come un velo oscuro, annebbiando la sua vista e confondendo i suoi sensi. Sekhmet, la temibile distruttrice, non riuscì più a riconoscere gli uomini, né a infliggere loro la punizione che tanto desiderava. La sua furia omicida si stemperò come neve al sole, e il suo ardente desiderio di sangue svanì nel nulla.

Quando, dopo alcuni giorni, Sekhmet si rese conto di questa trasformazione, si presentò da Ra, il Sommo Dio. Egli la accolse con un sorriso, riconoscendo la sua fedeltà e la sua forza. “Sono felice che tu sia tornata,” disse Ra. “E’ giunto il momento che tu possa tornare al Tuo posto, così da riportare la luce tra gli uomini.”

Ma Ra non si fermò qui. Ordinò che, in tutte le feste dell’anno, le ancelle preparassero bevande inebrianti per Sekhmet. La birra, fermentata con cura, divenne il suo elisir, appagando quel desiderio di sangue che ancora bruciava dentro di lei.

E così, da allora, ogni anno, prima di celebrare le feste in onore di Hathor-Sekhmet, le ancelle si dedicarono a far fermentare l’orzo e a pigiare le uve per il vino. Hathor, ora riconosciuta come Dea della birra e del vino, ricevette l’omaggio degli uomini.

Tuttavia, con il passare del tempo, Ra si rese conto di non essere completamente soddisfatto dell’esito della vicenda. Gli uomini avevano tramato contro di lui, e il suo cuore, ormai sopraffatto dal risentimento, non poteva dimenticare. Nel grande salone del suo palazzo, rivolgendosi agli Dei, disse: “Mi spiace, figli miei, per la collera che ancora alberga in me. Un Dio amato dagli uomini dovrebbe dimostrarsi più clemente, lo so. Ma purtroppo, non posso fare nulla.”

I Netjerw rimasero in silenzio, finché Nun, il Netjer delle acque primordiali, prese la parola: “Tu sei onnipotente, Maestà. Rassicurati.” E così, Ra si lasciò confortare dalle parole di Nun, mentre il mondo continuava a girare tra le stelle e le sabbie del deserto mantenevano i segreti al sicuro.

L’afflizione di Ra

Fu in quel momento che Ra, il grande Dio del sole, rivolse le sue parole a Nun, il Netjer delle acque primordiali. “Mio buon Nun,” disse Ra, “ti ringrazio. Le tue parole sono sempre gradite, e dolce è l’ascoltarti. Tuttavia, il mio corpo è debole, come lo era ai primi tempi, quando ancora non ero nato. Finchè non potrò rigenerarmi e rinascere, io non potrò tornare forte come prima.”

Nun amava profondamente il Suo Signore. Il cuore del Netjer soffriva terribilmente nel vederlo così afflitto e pensieroso. Decise di consultare Nut, la Signora del cielo, per trovare una soluzione.

“Devi trasformarti in una grande vacca2 che ricopra ogni cosa sulla terra,” disse Nun a Nut. “Quando le sue zampe anteriori si poseranno sull’orizzonte occidentale, quelle posteriori dovranno toccare quello orientale. Poi, prenderai sul tuo dorso il nostro signore nella sua forma di disco solare.”

Nut, con la sua saggezza divina, rispose: “Come vuoi.”

Gli uomini, vedendo ciò che stava accadendo, presero a cacciare coloro che avevano ordito contro il Signore del Sole. Fu così che “la palla di fuoco” si ritirava e scompariva all’orizzonte occidentale. Le tenebre cominciarono a impadronirsi della terra, avvolgendola in un abbraccio oscuro. Non si udirono più le melodie degli uccelli, gli ibis non sostarono più nei campi. Ogni luogo divenne insicuro, e ogni angolo di strada fu territorio di briganti. I latrati dei cani portavano il terrore nei cuori degli uomini.

Ma Nut, trasformata in una grande vacca, portò Ra sul suo dorso.Egli, nella sua forma di disco solare, risplendeva ancora, anche se debole. E così, la luce ritornò, e la speranza si rinnovò nel cuore degli uomini.

Il ritorno di Ra

Fu così che Ra, il grande Signore del sole, riapparve all’orizzonte orientale. Gli uomini, resisi conto della sua potenza e di quanto fosse necessaria la sua presenza, scagliarono frecce e lance contro coloro che avevano tramato contro il Dio. In breve, tutti i cospiratori furono identificati e uccisi.

Ra osservava soddisfatto dall’alto ciò che avveniva sulla terra. La forza scorreva nuovamente nelle sue membra, e la gioia traboccò nel suo cuore. “Osserva, Nun,” disse Ra, “gli uomini mi amano e hanno punito chi tramava contro di me.”

Nun sorrise compiaciuto. “Ne sono felice,” gli rispose.

“Voglio ricompensarli per la loro lealtà” continuò Ra. “Creerò le stelle e gli astri affinché illuminino la notte. La loro luce permetterà agli uomini di seguire il cammino anche quando le tenebre avvolgono la terra.”

Agli inizi, tutto andò bene. Ma poi Ra si accorse che le stelle e gli astri non erano abbastanza luminosi da vincere le tenebre. Nut, a causa dell’immensa altezza, iniziò a non sentirsi troppo bene. Ra, allora, chiamò altri esseri divini per aiutare la Dea.

“Tu,” disse rivolto a Geb, la Terra, “ti distenderai sotto tua moglie e la sosterrai affinché possa trovare sostegno in te” Poi Ra chiamò Shu, l’Atmosfera. “Tu, invece, ti collocherai fra loro due; appoggerai i tuoi piedi su Geb e con le tue forti braccia sosterrai Nut.”

Gli Dei si disposero come Ra aveva loro comandato, e Nut non ebbe più paura. Ma non tutto era ancora sistemato. Occorreva dare agli uomini la possibilità di vedere durante le ore notturne, affinché potessero seguire il loro cammino. Ra fece cenno a un servo e gli ordinò di recarsi da Thot, il patrono degli scribi, colui che sa fare i conti e calcolare il tempo.

Thot veglia sugli uomini la notte

Così avvenne che Ra si avvicinò a Thot, il sapiente patrono degli scribi. “Mio buon amico,” disse Ra, “ti ho fatto chiamare perché ho bisogno del tuo aiuto.” Il Signore del sole narrò a Thot quanto era accaduto: “Vedi, ora mi sono sistemato nel cielo. Ma poiché fornisco la luce all’aldilà, di notte ho privato gli uomini della luce del mio Occhio, ed è necessario provvedere. Inoltre, non sono tranquillo quando non posso vederli. Temo che possano ancora tramare contro di me. Perciò ho pensato a te.”

“Dimmi ciò che devo fare, mio signore,” rispose Thot con rispetto.

“Mio buon Thot,” continuò Ra, “ti ringrazio della tua disponibilità e devozione. Voglio che tu operi sulla terra al posto mio, mentre io illumino l’aldilà. Dovrai vegliare sugli uomini affinché possano seguire il loro cammino e dovrai reprimere ogni nuova ribellione. Sarai il custode della giustizia, e nulla dovrà sfuggirti. Risolverai ogni controversia che potrà sorgere. Poi, al mattino, quando tornerò, dovrai riferirmi ciò che è accaduto.”

Thot, con occhi luminosi, chiese: “Ma come potrò essere presente in ogni luogo? Come potrò vincere il buio, mio signore?”

“Ti trasformerai,” rispose Ra, “in un magnifico ibis dalle piume nere come la notte. Avrai un becco lungo e stretto, e gli uomini loderanno le tue azioni. Ti porteranno offerte e inni di gratitudine. Avrai ali grandi e forti con le quali ti solleverai, raggiungendo la parte più alta del cielo. Potrai spostarti rapidamente, sorvolando terre e mari. E come babbuino, illuminerai la notte. Gli uomini ti saranno grati per la tua presenza. Mi rappresenterai, e quando apparirai nel cielo, essi potranno ancora vedere attraverso le tenebre.”

In questa raffigurazione moderna Ra ordina a Sekhmet di colpire chiunque abbia ordito contro di lui. Fonte: Pinterest.
In questa raffigurazione moderna Ra ordina a Sekhmet di colpire chiunque abbia ordito contro di lui. Fonte: Pinterest.

Riflessione finale al Mito della Vacca celeste

Nell’antico Egitto, i culti delle dee femminili rivestivano un ruolo di grande importanza nella vita religiosa e quotidiana. Queste divinità incarnavano aspetti fondamentali della natura e dell’esistenza umana, e la loro venerazione si sviluppò in modo complesso e variegato.

Uno dei miti più significativi riguarda Sekhmet, la Signora della guerra, della vendetta e della malattia. Secondo la leggenda, Ra, il Dio del sole, inviò Sekhmet sulla terra per punire gli uomini che avevano tramato contro di lui. Tuttavia, Nun, il Dio anziano, suggerì a Ra di inviare il suo Occhio sotto forma di Hathor, poiché l’Occhio non era “abbastanza eminente”. Hathor, la dolce Signora dell’amore e della bellezza, si trasformò in Sekhmet, la distruttrice degli uomini. Solo dopo aver bevuto birra tinta di rosso, Sekhmet si placò e si trasformò in Bastet, la Dea gatto, più docile e protettrice.

Ma non solo: il mito, in realtà, non parla “solo e unicamente di Sekhmet”, ma pone un particolare accento a come viene posto il cielo nei confronti della terra: ecco infatti menzionare Nut che diviene la “Vacca celeste” che dà il nome vero e proprio al mito.

Ecco poi rappresentata la dualità delle Dee femminili: la forza e la ferocia di Sekhmet, ma anche la sua capacità di trasformarsi e adattarsi. Nel corso della storia, il culto delle Dee-Madri divenne sincretico, e le figure di Sekhmet, Hathor e Bastet vennero adorate in forme distinte, ma spesso interconnesse. Le donne, in particolare, si rivolgevano a queste dee per protezione, fertilità, guarigione e saggezza.

La venerazione delle Dee femminili si sviluppò in maniera diversa a seconda delle epoche e delle regioni. Ad esempio, Hathor, associata alla musica, alla danza e alla gioia, era particolarmente amata durante il Nuovo Regno. Bastet, con il suo aspetto di gatta, era venerata a Bubasti e rappresentava la casa e la maternità.

In conclusione, il Mito della Vacca celeste è un crogiolo di informazioni che fanno capolino nel Kemetismo, antico e moderno. Il culto delle Dee femminili, in Egitto come oggigiorno, è ricco di sfumature e significati profondi. Esse incarnano la complessità della vita e delle emozioni umane, e la loro presenza nei miti (di cui il Mito della Vacca celeste ne è la prova lampante) e nei rituali testimonia la centralità del femminile nella spiritualità egizia.

Horemhat


Note

  1. In Eliopoli, la cosmogonia relativa fa riferimento ad Atum che sorge dal Nun, creando la prima coppia divina. Col passare del tempo, la figura di Atum venne sempre più assimilata a quella di Ra, divenendo quest’ultimo il primo Netjer a sorgere dal Nun.
  2. Ecco spiegato il motivo per cui il mito è chiamato “Mito della Vacca celeste”.

Fonti:

  • Mario Tosi, Dizionario enciclopedico delle divinità dell’antico Egitto, collana Seshat, Ananke, Torino, 2004
  • Germond, Philippe (1981). Sekhmet et la protection du monde. Editions de Belles-Lettre
  • Harris Geraldine, Dei ed eroi della mitologia egizia, Mondadori Editore, 1982
  • Il mito dell’occhio del sole. I dialoghi filosofici tra la gatta etiopica e il piccolo cinocefalo, Edda Bresciani, Paideia, 1991

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Pubblicato da Horemhat

Marco Peirce (Napoli, 1986) è appassionato di egittologia dal suo primo incontro con il Museo Egizio di Torino alla scuola primaria. Dopo il diploma di perito aziendale e corrispondente in lingue, inizia un percorso formativo universitario durante il quale incontra persone che gli faranno conoscere l'ambiente pagano. Non tarderà molto al suo ingresso nell' ambiente Kemetista, da cui trae tutt'ora validi spunti di riflessione. Entra in contatto con Khnumose I durante la ricerca di un ambiente Kemetista basato in Italia. E' in questo periodo che sente fortemente il richiamo all' ortodossia, decidendo di intraprendere il percorso sacerdotale di Horus. In data 15.1.2023 diventa sacerdote Wab di Horus con il nome di Horemhat. In data 7.05.2023 supera con successo il test per l'avanzamento di grado come Khery-hebet n Hr (sacerdote lettore di Horus). Il 21.08.2023, dopo un esame dedicato, diviene referente per i riti funebri come wab e sem di Inp (sacerdote funerario di Anubi).

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