Punt, la Terra del Dio

Punt, la Terra del Dio
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La regione lontana dove il sole sorge e dove la luna tramonta: così, nei Testi dei Sarcofagi, viene descritta la terra di Punt. Di tutti i Paesi con cui il popolo del Nilo ebbe rapporti nel corso della sua storia, ecco per gli egittologi uno dei più interessanti, ma anche dei più misteriosi. Gli egizi arrivarono addirittura a chiamare questo luogo Ta Netjer, “Terra del Dio”, forse per via di tutte le merci esotiche che giungevano da lì e l’aura mitologica che l’avvolgeva.

Dove si trovava Punt?

Una bella domanda, a cui però è difficile rispondere. Le fonti egizie non danno mai un’indicazione precisa, ma il fatto che lo chiamassero “il Paese dove sorge il sole” ci fornisce un indizio sul fatto che fosse a est. Il tipo di prodotti che commerciavano e le raffigurazioni degli abitanti di Punt, poi, hanno ristretto il campo fra l’Etiopia e il Sudan, o comunque nel Corno d’Africa. Alcuni in passato hanno anche suggerito l’identificazione con la Nubia ma, oltre a non quadrare a livello geografico (essa si trova a sud) e di nome (gli egizi la chiamavano Ta-Sety o Neheset), i nubiani avevano con Kemet dei rapporti tanto stretti da rendere ingiustificata una visione così romantica del luogo, come quella che si sviluppò.

È probabile comunque che la terra a cui si riferivano gli egizi non fosse una vera nazione, con un governo unitario e un territorio ben definito. Piuttosto, è possibile che si trattasse di una zona abitata da diversi popoli e tribù, ognuno coi propri capi.

Al giorno d’oggi, uno dei cinque Stati federali della Somalia prende il nome da quest’antica terra: Puntland.

Una possibile grafia per “Punt” in geroglifico.

La terra del lusso

Gli egizi erano un popolo abbastanza sedentario, e i viaggi in mare non li entusiasmavano. Anche se era possibile raggiungere Punt via terra (per esempio lungo la via carovaniera che attraversava lo Wadi Hammamat, sulla sponda orientale del Nilo), una spedizione in nave era comunque la prospettiva migliore, per quanto dovesse sembrare loro un’impresa titanica. Questo dimostra che la ricompensa in cui speravano valesse senza dubbio la pena ai loro occhi.

Le merci più importanti che si commerciavano con Punt erano incenso e mirra, fondamentali nei riti religiosi. I sacerdoti facevano coltivare le piante per produrli anche nelle terre di proprietà del tempio, ma evidentemente non bastava a soddisfare la richiesta, forse a causa del clima sfavorevole. Avorio, ebano, pelli, spezie, oro, legname, animali esotici erano altri beni di lusso che gli egizi riportavano dalle loro missioni.

Rilievo dal mausoleo di Hatshepsut che mostra un paesaggio di Punt: una capanna sopraelevata, vicino a un corso d’acqua e delle palme esotiche.

L’Egitto e Punt: una storia che ha origine nel mito

Nel pensiero degli antichi egizi, qualsiasi terra al di fuori della valle del Nilo era un luogo inospitale, popolato da genti abbastanza sfortunate da abitare in quei confini del mondo lontani dall’acqua, dalla vita, dalla benevolenza degli Dèi. I testi ci parlano di nomadi miserabili e bellicosi, le cui differenze culturali portavano gli egizi a considerarli non civilizzati. Questa visione non è attendibile a livello storico ma, di certo, ci fa capire come gli abitanti delle Due Terre considerassero tutto ciò che era di là dei confini del loro Paese. Gli Dèi stessi dovevano difendersi dai pericoli provenienti dall’esterno, che potevano mettere in pericolo l’intera corte divina.

L’unica eccezione a questo atteggiamento pare essere proprio Punt. Abbiamo già citato i Testi dei Sarcofagi, secondo i quali proprio nella Terra del Dio Ra nasceva e Khonsu-Iah si posava. Non è un’affermazione da prendere alla leggera, considerato che, per un Dio, l’essere nato o il risiedere all’estero non era certo motivo di vanto: secondo un mito Amon era originario della Nubia e cercava di nasconderlo in tutti i modi!

Quel che è certo, comunque, è che gli egizi fossero in contatto con Punt da tempi remoti: un rilievo della IV dinastia mostra un figlio di Cheope in compagnia di un abitante di Punt, e documenti della V dinastia ci informano che già allora i faraoni facessero arrivare dal “Paese dove sorge il sole” le ambite merci. Le relazioni commerciali furono un po’ altalenanti nel corso dei millenni, dal momento che serviva un potere centrale forte interessato a inviare spedizioni, e un mercato di lusso e dei templi fiorenti che da tale traffico potessero beneficiare. Queste condizioni vennero a mancare diverse volte, finché, col termine del Nuovo Regno, ogni scambio degno di nota con la regione parve cessare.

Infatti, pure con il ritorno in Epoca Tarda di una forte dinastia, il baricentro degli interessi egizi si era spostato ormai nel Mediterraneo. Il Mar Rosso e le rotte verso l’Arabia e il sud-est erano diventati irrilevanti, in uno scenario che pretendeva l’interazione con civiltà che si trovavano assai più a nord.

I greci conoscevano Punt (lo chiamavano Opone) ma, sebbene i commerci con esso proseguissero in certa misura sotto i Tolomei e poi sotto i romani, non rivestivano più alcuna importanza simbolica nell’immaginario degli egizi.

Nel mausoleo di Hatshepsut

Amon, di fronte a una ricchissima pila di offerte, nel tempio funerario di Hatshepsut. (Autore: Ad Meskens; Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported)

Andando a osservare il racconto della spedizione inviata da Hatshepsut a Punt, vediamo che è Amon-Ra in persona a ordinare l’impresa:

La maestà del palazzo fece una petizione alle scale del signore degli Dèi. Un comando si udì dal grande trono, un oracolo del Dio stesso, di ricercare una via per Punt, di esplorare le strade per le terrazze della mirra.

Al tempo, all’inizio della XVIII dinastia, l’idea di imbarcarsi in nave per Punt non era così scontata. La caduta nel caos e la frammentazione territoriale del Secondo Periodo Intermedio (1785-1560 a.e.v.) avevano posto fine alla grandiosità dell’impero del Medio Regno, restringendo gli orizzonti degli egizi alla sola valle del Nilo. Dopo la ripresa dell’espansione territoriale con Thutmose I, sua figlia Hatshepsut decise invece di concentrarsi su un obbiettivo più simbolico: raggiungere di nuovo l’esotica Terra del Dio.

Approntate dunque cinque navi al comando dell’ufficiale Nehsy, gli egizi salparono nel Mar Rosso. Ovviamente, essendo un commercio, i marinai dovevano dare merci in cambio dei beni ricevuti… ma ecco succedere una cosa curiosa: gli ambasciatori delle Due Terre presentano sì ai capi di Punt armi e gioielli, ma la descrizione della scena chiama questi oggetti “offerte per Hathor” (la quale era la patrona delle terre straniere). Perché mai? La risposta è in realtà abbastanza semplice: anche se il popolo egizio era giunto lì per commerciare, la propaganda regia trasformò questa spedizione in una sorta di versamento di tributo, in cui i leader di Punt inviavano i loro beni per omaggiare il faraone, l’Horus vivente.

Nella valle del Nilo furono riportati anche degli alberi di mirra vivi, dei quali Hatshepsut fu tanto compiaciuta da piantarli in un viale nei pressi del suo tempio funerario di Deir el-Bahari. Si tratta del primo trapianto storicamente accertato di specie vegetali aliene e, tra l’altro, da lì in poi i discendenti di queste piante continuarono a prosperare in Egitto per secoli.

Il “re e la regina di Punt” (forse solo dei capi locali), sulle pareti del mausoleo a Deir-el-Bahari.

Punt e le poesie d’amore

Come detto, con il passare del tempo, e la situazione politica che di nuovo si faceva complicata al tramonto del Nuovo Regno, il commercio con Punt non fu più una priorità per nessun faraone. Gli egizi però ricordarono ancora a lungo la Terra del Dio e il suo favoloso splendore. Dato il rarefarsi di ogni contatto vero e proprio, quel lontano Paese del sud-est cominciò a diventare sempre più un luogo sospeso fra realtà e leggenda, una sorta di paradiso perduto. Il mito di Punt trovò quindi una nuova vita nelle poesie romantiche, come metafora delle gioie dell’amore.

La stringo e le sue braccia sono ali che si aprono intorno a me. Come essere a Punt è il trovarsi insieme, io e lei! Camminiamo uniti nel canneto, il suo profumo è quello dell’unguento di laudano.

Neferura

Fonti

  • Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Editori Laterza.
  • D. Meeks e Ch. Favard-Meeks, “La vita quotidiana degli egizi e dei loro dèi”, BUR Rizzoli.
  • Margaret Bunson, “Enciclopedia dell’antico Egitto”, Fratelli Melita Editori.

Link esterni di approfondimento

https://www.worldhistory.org/punt/

Pubblicato da Neferura

Neferura (Perugia, 2000), vive a Roma dal 2007. La fascinazione per l'egittologia ha sempre fatto parte di lei, infatti fin da quando è in grado di leggere i libri sull'Egitto non sono mai mancati per Natale e compleanni. Dopo cinque anni al liceo artistico sceglie un percorso universitario di storia, sperando di riuscire a portare la sua passione al livello successivo. Scopre l'esistenza del Kemetismo e del neopaganesimo per caso quando, alla fine del 2017, si imbatte nel sito del KOS, ed è una folgorazione. Inizia il proprio percorso sul cammino di Ra, tuttavia dopo breve viene anche "trovata" e presa sotto la sua ala da Serapide. Diviene ufficialmente sacerdotessa Wabet di Ra il 17 ottobre 2022. In data 7.05.2023 supera il test per avanzare al grado di Kheryt-hebet n Ra (sacerdotessa lettrice di Ra)

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